Quercus ilex

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Title

Quercus ilex

Creator

Lisa Bertaglia

Description

Il leccio ha un areale che comprende tutto il bacino del Mediterraneo, mancando solo in Egitto (in Libia è stato probabilmente introdotto dall'uomo).
La specie è comunque maggiormente diffusa nel settore occidentale, soprattutto in Algeria e Marocco, in tutta la penisola Iberica, nella Francia mediterranea e in Italia, dove forma boschi puri anche di notevoli dimensioni.
Nel settore orientale, a partire dai Balcani, invece, si trova in boschi misti ad altre essenze forestali, spesso ben distanti tra loro, e solo in stazioni con un'adeguata umidità.
Si trova, sempre consociato, anche lungo le coste turche del Mar Nero.

Scheda botanica Item Type Metadata

Specie botanica

Quercus ilex

Nome comune

LECCIO, ELCE

Etimologia

Il nome del genere secondo alcuni è formato da 2
parole celtiche," Kaer" "quer" = bell'albero, cioè l'albero per
eccellenza; secondo altri deriva dal greco ruvido, indicando il
legno rivido delle piante di questo genere; il nome specifico
deriva dalla lingua celtica e significa “punta”. I latini lo avevano
posto all'elce, la cui foglia è spinosa; Ilex= leccio.

Ambiente

Il leccio ha un areale che comprende tutto il bacino del
Mediterraneo, mancando solo in Egitto (in Libia è stato
probabilmente introdotto dall'uomo).
La specie è comunque maggiormente diffusa nel settore
occidentale, soprattutto in Algeria e Marocco, in tutta la penisola
Iberica, nella Francia mediterranea e in Italia, dove forma boschi
puri anche di notevoli dimensioni.
Nel settore orientale, a partire dai Balcani, invece, si trova in
boschi misti ad altre essenze forestali, spesso ben distanti tra
loro, e solo in stazioni con un'adeguata umidità.
Si trova, sempre consociato, anche lungo le coste turche del Mar
Nero.
In Italia è diffuso soprattutto nelle isole e lungo le coste liguri,
tirreniche e ioniche. Sul versante adriatico le popolazioni sono
più sporadiche e disgiunte (tranne che in Puglia, Abruzzo e
Marche). Piccole popolazioni sono presenti anche sulle Prealpi
lungo le coste dei laghi, sui Colli Euganei, in Friuli Venezia Giulia,
in Romagna fino al Bolognese-Imolese e nel Bosco della Mesola
nel ferrarese.

Caratteri botanici

TRONCO – Fusto raramente dritto, singolo o diviso alla base, di
altezza fino a 20-25 metri. Può assumere aspetto cespuglioso
qualora cresca in ambienti rupestri.
La corteccia è liscia e grigia da giovane, col tempo diventa dura e
scura quasi nerastra, finemente screpolata in piccole placche
persistenti di forma quasi quadrata.
I giovani rami dell'anno sono pubescenti e grigi, ma dopo poco
tempo diventano glabri e grigio- verdastri.
Le gemme sono piccole, tomentose, arrotondate con poche
perule.
FOGLIE – Le foglie sono semplici, a lamina coriacea a margine
intero o dentato, molto variabile nella forma che va da lanceolata
ad ellittica, la base è cuneata o arrotondata. La pagina superiore
è verde scuro e lucida, la inferiore grigiastra e marcatamente
tomentosa. Sono lunghe 3–8 cm, e larghe 1-3,5 cm. La
nervatura centrale è dritta e sono presenti 7- 11 paia di
nervature laterali.
Il picciolo è breve, peloso, provvisto di stipole marroncine, lineari
e presto caduche.
Sono presenti due tipi di foglie (eterofillia): quelle apicali e quelle
degli esemplari giovani sono ovaleggianti, con denti mucronati o
spinescenti, con pubescenza della pagina inferiore ridotta, e
qualche tricoma anche sulla pagina superiore.
FIORI - I fiori sono unissesuali, la pianta è monoica.
I fiori maschili sono riuniti in amenti penduli, cilindrici e
pubescenti, hanno perianzio con 6 lobi e 6-8 stami;
I fiori femminili sono in spighe peduncolate composte da 6-7
fiori, ogni fiore ha perianzio esalobato e 3-4 stigmi.
Gli amenti maschili sono lunghi 5–7 cm e sono portati alla base
dei rami dell'anno. La fioritura avviene nella tarda primavera, da
aprile a giugno
FRUTTI – I frutti sono delle ghiande, portate singole o in gruppi
di 2-5, su un peduncolo lungo circa 10–15 mm (eccezionalmente
anche 40 mm). Le dimensioni variano da 1,5 a 3 cm di lunghezza, per 1-1,5 cm di diametro. Sono di colore castano
scuro a maturazione, con striature più evidenti.
All'apice di ogni ghianda è presente un robusto mucrone. Le
ghiande sono coperte per un terzo o metà della loro lunghezza
da un cupola provvista di squame ben distinte, con punte libere
ma non divergenti. Maturano nello stesso anno della fioritura, in
autunno.

Usi

Le ghiande sono commestibili sia crude che cotte e,
previa tostatura, possono essere usate come succedaneo del
caffè; seccate e polverizzate, possono essere usate come
addensante, tipo fecola di patate, oppure, mescolate a farine di
cereali, per fare il pane. Poiché però contengono tannino è
consigliabile lavarle accuratamente sotto acqua corrente prima di
utilizzarle a fini alimentari; questa procedura, tuttavia, comporta
la perdita di buona parte dei sali minerali in esse contenuti. Il
metodo tradizionale di prepararle consisteva nel seppellirle in
terreno umido e lasciarle così durante tutto l’inverno,
dissepellendole poi a primavera, prossime alla germinazione: a
quel punto avevano perso gran parte del loro potere astringente.
Non si conoscono usi della pianta nella moderna cosmetologia.
Tuttavia esiste l'antica ricetta di un "caffè" fatto con la polvere
delle ghiande essiccate, che si dice sia indicato per i problemi di
acne giovanile.
Ricerche recenti hanno messo in evidenza un’azione
antiossidante dei monoterpeni, composti organici volatili, emessi
dalle foglie di Quercus ilex. Ciononostante non risulta, al
momento, uno specifico uso farmacologico per questa pianta.

Storia e leggende

E' chiamato anche quercia verde. E' una
pianta mediterranea antichissima, le cui ghiande, dolci e
commestibili, erano molto apprezzate fin dai tempi più remoti,
infatti, venivano utilizzate per la preparazione del pane di
quercia.
Il Leccio ha assunto nella storia e nella letteratura anche una
nomea un poco sinistra. Una leggenda delle isole ioniche,
risalente al secolo scorso, narra che dopo la condanna amorte
del Cristo, glia alberi della foresta si riunirono impegnandosi a
non offrire il legno per la croce. Il legno che i carnefici cercarono
sulle altre piante si rompeva in mille schegge diventando
inutilizzabile per i carnefici, solo il Leccio offrì il suo legno integro
per la passione di Cristo. In realtà esiste una versione opposta,
infatti, nei detti del beato Egidio, il terzo compagno di San
Francesco, si dice che il Leccio fù l'unico albero a capire che
doveva sacrificarsi, come il salvatore, per contribuire alla
Redenzione, infatti, proprio sotto un Leccio il signore apparve
spesso ad Egidio.

Collection

Citation

Lisa Bertaglia, “Quercus ilex,” __Cosmic_Noise__e-learning_for_science__, accessed November 22, 2024, http://cosmicnoise.it/o/items/show/73.