GRAFENE
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Title
GRAFENE
Creator
Anna Krajnik
Contributor
Anna Krajnik
Chimica Item Type Metadata
Denominazione
IUPAC: Grafene
Tradizionale: Grafene
Denominazione in inglese: Graphene
Tradizionale: Grafene
Denominazione in inglese: Graphene
Formula chimica
C (grafite)
Formula di struttura
Proprietà fisico/chimiche
Grafene
Densità: 0.77 mg/m^2
Mobilità elettronica: fino a 40000 cm^2/Vs
Conducibilità: 4 e^2/h
Grafite
Densità: 2.09–2.23 g/cm³
Massa molare: 12,01070 ± 0,00080 g/mol
Temperatura di fusione: 3.500 °C
Temperatura di solidificazione: 1.200 °C
Densità: 0.77 mg/m^2
Mobilità elettronica: fino a 40000 cm^2/Vs
Conducibilità: 4 e^2/h
Grafite
Densità: 2.09–2.23 g/cm³
Massa molare: 12,01070 ± 0,00080 g/mol
Temperatura di fusione: 3.500 °C
Temperatura di solidificazione: 1.200 °C
Stato naturale e diffusione
Il grafene è un materiale costituito da uno strato monoatomico di atomi di carbonio. Esso è ricavato dallo strato superficiale della grafite. La grafite si trova in cristalli lamellari. Masse fogliacee o laminette sparse di colore nero opaco, talora a contorni esagonali e con fitte striature. Grandi depositi si possono trovare nello Sri Lanka, in Madagascar, Federazione Russa, Corea del Sud, Messico, Romania, Slovacchia. In Italia masse utili in Val Chisone (Piemonte); in aggregati modesti anche in Val Bormida (Liguria) e in Calabria.
Processo produttivo
Esistono vari metodi di produzione del grafene.
Lo si può ricavare tramite un'esfoliazione meccanica della grafite consiste nell'applicazione di una forza alla superficie di cristalli di grafite altamente orientata per staccare e dispiegarne gli strati cristallini fino ad ottenere il singolo strato.
Un altro è il metodo d’esfoliazione in fase liquida. Si basa sull'utilizzo delle forze di pressione che si generano all'interno di un liquido. Grafite in polvere è mescolata ad un solvente dotato delle opportune qualità fisiche come viscosità, tensione superficiale, etc... (tipicamente 1-metil-2-pirrolidone) o in una miscela di acqua e surfattante. La sospensione è quindi sottoposta a miscelazione attraverso onde ultrasoniche, o mixer ad alta forza di taglio, o mulino a biglie ecc. Tali processi creano all'interno del liquido sia forze di taglio che cavitazione che causano la rottura dei cristalli di grafite secondo il piano basale, riducendoli a fogli sempre più sottili e, idealmente, singoli fogli di grafene. La sospensione risultante dal processo è poi purificata con ultracentrifugazione.
Il grafene si può anche ricavare in laboratorio dalla grafite. I cristalli di grafite sono trattati con una soluzione fortemente acida a base di acido solforico e nitrico e poi ossidati ed esfoliati fino a ottenere cerchi di grafene con gruppi carbossilici ai bordi. Mediante trattamento con cloruro di tionile (SOCl2), queste molecole periferiche sono trasformate in cloruri acilici (alogenuri acilici composti da un acile e un atomo di cloro) e poi in ammidi. Il risultato è un cerchio di grafene solubile in tetraidrofurano, tetraclorometano e dicloroetano.
Altri modi sono: crescita epitassiale su carburo di silicio, crescita epitassiale su substrati metallici, crescita da fusione di carbonio-metallo, pirolisi dell'etossido di sodio, da nanotubi di carbonio, metodo di riduzione del diossido di carbonio.
Lo si può ricavare tramite un'esfoliazione meccanica della grafite consiste nell'applicazione di una forza alla superficie di cristalli di grafite altamente orientata per staccare e dispiegarne gli strati cristallini fino ad ottenere il singolo strato.
Un altro è il metodo d’esfoliazione in fase liquida. Si basa sull'utilizzo delle forze di pressione che si generano all'interno di un liquido. Grafite in polvere è mescolata ad un solvente dotato delle opportune qualità fisiche come viscosità, tensione superficiale, etc... (tipicamente 1-metil-2-pirrolidone) o in una miscela di acqua e surfattante. La sospensione è quindi sottoposta a miscelazione attraverso onde ultrasoniche, o mixer ad alta forza di taglio, o mulino a biglie ecc. Tali processi creano all'interno del liquido sia forze di taglio che cavitazione che causano la rottura dei cristalli di grafite secondo il piano basale, riducendoli a fogli sempre più sottili e, idealmente, singoli fogli di grafene. La sospensione risultante dal processo è poi purificata con ultracentrifugazione.
Il grafene si può anche ricavare in laboratorio dalla grafite. I cristalli di grafite sono trattati con una soluzione fortemente acida a base di acido solforico e nitrico e poi ossidati ed esfoliati fino a ottenere cerchi di grafene con gruppi carbossilici ai bordi. Mediante trattamento con cloruro di tionile (SOCl2), queste molecole periferiche sono trasformate in cloruri acilici (alogenuri acilici composti da un acile e un atomo di cloro) e poi in ammidi. Il risultato è un cerchio di grafene solubile in tetraidrofurano, tetraclorometano e dicloroetano.
Altri modi sono: crescita epitassiale su carburo di silicio, crescita epitassiale su substrati metallici, crescita da fusione di carbonio-metallo, pirolisi dell'etossido di sodio, da nanotubi di carbonio, metodo di riduzione del diossido di carbonio.
Utilizzi, applicazioni
La prima idea per utilizzare il grafene è stata, naturalmente, quella di sfruttare l’enorme mobilità delle sue cariche per realizzare transistor e microchip più veloci di quelli di silicio, oggi alla base di tutti i computer e telefoni cellulari. Il grafene però non è destinato a soppiantare il silicio; il problema è che conduce molto, troppo bene, cariche elettriche sia positive che negative. È quindi molto difficile “spegnere” un transistor a base di grafene. Mentre un transistor al silicio può essere acceso e spento, assumendo i valori “0” e “1” che sono alla base dell’elettronica digitale, un transistor al grafene al massimo può passare da “molto acceso” a ”poco acceso”. È più probabile, invece, che sia utilizzato in applicazioni impossibili per il silicio, ad esempio per dispositivi elettronici su plastica, flessibili e resistenti. I materiali attualmente usati per l’elettronica, in primis il silicio, sono di solito cristallini e fragili, quindi non adatti per questo tipo di applicazioni. Il grafene, invece, può essere piegato e allungato senza perdere le sue proprietà elettriche ed è un candidato ideale per la prossima rivoluzione dell’elettronica.
Alcune aziende stanno brevettando l’uso del grafene per la produzione di sensori. Il grafene, essendo un materiale monoatomico, è esposto all’influenza dell’ambiente esterno da entrambi i lati del foglio. Il trasporto di carica in un foglio di questo materiale può essere influenzato dalla presenza di molecole, radiazioni e cariche elettriche presenti sulla superficie, e questo ne fa un materiale eccellente per realizzare sensori.
È stato anche teorizzato l’utilizzo di fogli di grafene come filtri molecolari. Se dei fogli di grafene sono impacchettati gli uni sugli altri in presenza di piccoli difetti o di altre molecole, possono creare delle fessure nanometriche, di spessore ben definito. La struttura bidimensionale del grafene permette di controllare molto bene lo spessore di queste fessure, permettendo di filtrare in maniera selettiva liquidi e ioni. Applicazioni ancora più fantascientifiche immaginano di usare un singolo foglio di grafene, capace di resistere comunque a pressioni elevate, con dei buchi ben definiti per desalinizzare l’acqua del mare oppure sequenziare frammenti di DNA in modo estremamente veloce.
Le buone proprietà meccaniche ed elettriche del grafene permettono inoltre di utilizzarlo come un nanoadditivo, da aggiungere a plastiche o materiali compositi per renderli più resistenti o elettricamente conduttivi. I materiali compositi utilizzano già additivi come fibre di carbonio o di vetro per questi scopi. L’utilizzo di un materiale nanotecnologico come il grafene, però, permette di ottenere questi risultati con quantità minime di materiale, sfruttando la sua alta area superficiale per massimizzare l’interazione con il polimero circostante. Anche se ci sono ancora problemi di costo e di produzione per sfruttare al massimo le proprietà del grafene nei compositi, esistono già in commercio delle racchette da tennis e delle gomme per biciclette a base di grafene.
Alcune aziende stanno brevettando l’uso del grafene per la produzione di sensori. Il grafene, essendo un materiale monoatomico, è esposto all’influenza dell’ambiente esterno da entrambi i lati del foglio. Il trasporto di carica in un foglio di questo materiale può essere influenzato dalla presenza di molecole, radiazioni e cariche elettriche presenti sulla superficie, e questo ne fa un materiale eccellente per realizzare sensori.
È stato anche teorizzato l’utilizzo di fogli di grafene come filtri molecolari. Se dei fogli di grafene sono impacchettati gli uni sugli altri in presenza di piccoli difetti o di altre molecole, possono creare delle fessure nanometriche, di spessore ben definito. La struttura bidimensionale del grafene permette di controllare molto bene lo spessore di queste fessure, permettendo di filtrare in maniera selettiva liquidi e ioni. Applicazioni ancora più fantascientifiche immaginano di usare un singolo foglio di grafene, capace di resistere comunque a pressioni elevate, con dei buchi ben definiti per desalinizzare l’acqua del mare oppure sequenziare frammenti di DNA in modo estremamente veloce.
Le buone proprietà meccaniche ed elettriche del grafene permettono inoltre di utilizzarlo come un nanoadditivo, da aggiungere a plastiche o materiali compositi per renderli più resistenti o elettricamente conduttivi. I materiali compositi utilizzano già additivi come fibre di carbonio o di vetro per questi scopi. L’utilizzo di un materiale nanotecnologico come il grafene, però, permette di ottenere questi risultati con quantità minime di materiale, sfruttando la sua alta area superficiale per massimizzare l’interazione con il polimero circostante. Anche se ci sono ancora problemi di costo e di produzione per sfruttare al massimo le proprietà del grafene nei compositi, esistono già in commercio delle racchette da tennis e delle gomme per biciclette a base di grafene.
Cenni storici
Nel 2004 due scienziati russi emigrati a Manchester, Andrej Gejm e il suo studente Konstantin Novosëlov, cercarono di ottenere delle strutture molto sottili di grafite. L’idea era di paragonare le proprietà di strati sottili e piatti di grafite con quelle dei nanotubi di carbonio, già noti da tempo. Per assottigliare sempre più delle scaglie di grafite Gejm e Novosëlov provarono a usare del nastro adesivo, un metodo molto semplice ma efficace. Attaccando e staccando due pezzi di scotch con in mezzo un fiocco di grafite, si ottenevano strati sempre più sottili, che potevano poi essere trasferiti su un pezzo di silicio. Il procedimento funzionò; Gejm e Novosëlov trovarono fogli abbastanza larghi da essere visibili otticamente ma spessi solo tre, due, o anche un solo atomo di carbonio. Grazie alla facilità del metodo di produzione riuscirono a studiare le proprietà elettriche di un singolo foglietto di grafene. Per questa scoperta i due scienziati ottennero il Premio Nobel per la Fisica nel 2010.
Note
Dei ricercatori del Riverside Bourns College of Engineering dell'Università della California hanno studiato gli effetti dell' ossido di grafene, un composto che si lega bene a materiali polimerici nano strutturati e diventa quindi molto utile per le applicazioni in biologia, medicina, stoccaggio energetico, conduzione (laddove un materiale ibrido con una protezione isolante è ottimale per le celle solari, i sensori chimici, gli antibatterici eccetera). Questo composto potrebbe diventare tossico per l'uomo, soprattutto per la sua mobilità in acqua e l'impatto ambientale che ne deriva. Le nano-particelle di ossido di grafene, se scaricate in acqua, possono avere una sorte diversa a seconda della profondità e tipo di bacino idrico dove sversate, e ciò che preoccupa i ricercatori è che sono le acque superficiali le più a rischio. Nelle acque più sotterranee, infatti, l'ossido di grafene col tempo diventa meno stabile a causa dell'elevata durezza (ovvero la presenza di ioni di sali sciolti in acqua) e col tempo si 'decompone', non rappresentando più una minaccia per l'ambiente. L'esatto contrario avviene invece in laghi, fiumi - acque superficiali - dove le nano-particelle possono rimanere integre e mobili, minacciando così l'ambiente e la salute. Lo studio, in realtà, è già il secondo allarme, dopo quello pubblicato su PNAS nel luglio 2013 dalla Brown University. In quel caso si metteva in guardia sulle possibili perforazioni di membrane e tessuti umani a causa delle irregolarità strutturali inevitabili dei fogli di grafene (sulla carta e secondo modelli matematici, invece, praticamente perfetto e innocuo), una minaccia per tutte le possibili applicazioni in biomedicina.
Riferimenti
http://grafene.cnr.it/
http://www.chimdocet-solido.it/file3i.htm
https://www.scienzainrete.it/contenuto/news/grafene-e-tossico/maggio-2014
http://www.chimdocet-solido.it/file3i.htm
https://www.scienzainrete.it/contenuto/news/grafene-e-tossico/maggio-2014
Collection
Citation
Anna Krajnik, “GRAFENE,” __Cosmic_Noise__e-learning_for_science__, accessed November 24, 2024, http://cosmicnoise.it/o/items/show/792.