Crataegus monogyna

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Title

Crataegus monogyna

Creator

Giacomo Marega

Scheda botanica Item Type Metadata

Specie botanica

Crataegus monogyna

Nome comune

Biancospino comune

Etimologia

Il nome del genere deriva dal greco “Kratos” = forza, in riferimento alla robustezza della pianta e in particolare del legno; l'epiteto specifico dal greco "mónos" = unico e "gynè" = femmina indica che il fiore ha 1 solo pistillo che è l'organo riproduttore femminile

Ambiente

Presente in tutte le regioni.

Habitat: Specie paleotemperata, presente nei boschi xerofili, nelle siepi, boscaglie e cespuglieti, macchie, margine dei boschi e pendii erbosi, con preferenza per i terreni calcarei dal litorale marino alla montagna sino a 1.600 m s.l.m.

Caratteri botanici

Piccolo albero, ma più spesso arbusto a fogliame deciduo; cespuglioso, con radice fascicolata; chioma globosa o allungata; tronco sinuoso, spesso ramoso sin dalla base con corteccia compatta che nelle piante giovani è liscia di colore grigio-chiaro, è brunastra o rosso-ocracea e si sfalda a placche nei vecchi esemplari. I ramoscelli sono di colore bruno-rossastro, quelli laterali terminano frequentemente con spine aguzze e scure lunghe sino a 2 cm, i rami + vecchi sono grigio-cenere.
Altezza generalmente fra 2÷5 m, ma può raggiungere anche i 12 m; ha una crescita molto lenta e può vivere sino a 500 anni.
Le gemme sono alterne, disposte a spirale, rossastre e brillanti; sotto le gemme laterali spuntano spine dritte.
Le foglie caduche, portate da un picciolo scanalato, sono alterne, semplici, di colore verde brillante e lucide nella pagina superiore, verde glaucescente nella pagina inferiore, glabre, romboidali o ovali, a margine dentato, suddivise in 3÷7 lobi molto profondi con margine intero e che presentano solo sull'apice qualche dentello; all'inserzione sui rami sono provviste di stipole dentate e ghiandolose.
I fiori, profumati di colore bianco o leggeremente rosato, sono riuniti in corimbi eretti, semplici o composti, portati da peduncoli villosi , hanno brattee caduche con margine intero o denticolato, calice con 5 lacinie triangolari-ovate; corolla con 5 petali subrotondi, stami violacei in numero multiplo ai petali (15÷20) inseriti sul margine di un ricettacolo verde-brunastro con ovario monocarpellare glabro e un solo stilo bianco verdastro con stigma appiattito, molto raramente alcuni fiori hanno 3 stili.
I frutti ( in realtà falsi frutti perché derivano dall'accrescimento del ricettacolo fiorale e non da quello dell' dell'ovario) riuniti in densi grappoli, sono piccole drupe con Ø di circa 7-10 mm, rosse e carnose a maturità, coronate all'apice dai residui delle lacinie calicine, che delimitano una piccola area circolare depressa; contengono un solo nocciolo di colore giallo-bruno.

Usi

diuretiche, ipotensive, astringenti, antispasmodiche, sedative, vasodilatatrici, antidiarroiche.
Il Biancospino viene utilizzato per placare il senso di angoscia e di oppressione e l'inquietudine.
L'uso terapeutico della pianta è attestato sin dal XIII secolo, ma nei vecchi manuali si trova trattato il Biancospino ancora accanto ai digitaloidi e, questa originaria interpretazione, ha portato a confusione: glicosidi simildigitalici o ulteriori principi attivi, con cui viene compensato un cuore insufficiente, nel Biancospino non sono presenti. Oggi è invece provato, che il Biancospino è realmente una vera e propria pianta medicinale per il distretto cardiaco e per le patologie circolatorie.
Viene chiamata la "valeriana" del cuore, in quanto è un ottimo tonico stimolante cardiaco, dilata le arterie coronariche migliorando l'afflusso del sangue, elimina le aritmie e riduce i livelli di colesterolo.
In Olanda e Belgio la polpa del frutto, veniva mescolata con farina per la produzione di pane, mentre i semi tostati, durante la seconda guerra mondiale erano utilizzati come succedaneo del caffè.
In cucina i frutti del biancospino vengono usati per bevande fermentate e per confezionare una delicata marmellata lievemente astringente, mentre in campo cosmetico il bagno di biancospino è apprezzato per le proprietà rilassanti; foglie e fiori hanno azione normalizzante e astringente sulle pelli grasse.
Il legno di colore rossastro, molto duro e compatto, viene impiegato per lavori al tornio e per la produzione di ottima carbonella.
I frutti sono molto apprezzati dai passeracei, merli, tordi , cornacchie e dai piccoli mammiferi che contribuiscono così a disseminarli. I semi hanno una dormienza accentuata, che in natura viene eliminata proprio dal passaggio nello stomaco delle creature che se ne nutrono.
Specie sovente impiegata come ornamentale, grazie alla notevole adattabilità alle differenti zone climatiche e ai diversi tipi di terreno, che le permette di essere largamente utilizzata nei giardini, soprattutto nella formazione di siepi.

Storia e leggende

Presso siti archeologici risalenti al Neolitico si sono rinvenuti semi dei frutti del Biancospino, questo fa ritenere che fossero consumati come alimento.
Nell'antica Grecia e a Roma il Biancospino era considerato una pianta fortemente simbolica legata alle idee di speranza, matrimonio e fertilità. I romani lo dedicarono a Maia, dea del mese di maggio e della castità.
Le damigelle delle spose greche si adornavano di boccioli di Biancospino e le spose ne portavano un ramoscello in mano. I romani ponevano le foglie nelle culle dei bimbi per allontanare gli spiriti maligni. Diverse usanze sono legate al Biancospino come quella che risale all'epoca precristiana di andare alla festa di calendimaggio e di scegliere una reginetta. In epoca pagana il re e la regina di maggio erano usccisi alla fine della stagione di crescita; di qui è forse sorta l'ambiguità odierna che vede il Biancospino sia come simbolo di speranza, sia come presagio di morte.
Il Critianesimo trasformò la simbologia associata a questa pianta; presumibilmente la corona di spine di Cristo era di Biancospino,

Collection

Citation

Giacomo Marega, “Crataegus monogyna,” __Cosmic_Noise__e-learning_for_science__, accessed November 22, 2024, http://cosmicnoise.it/o/items/show/66.