SINDROME DI EDWARDS

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Title

SINDROME DI EDWARDS

Creator

Maddalena Pipi Galletta

Contributor

Maddalena Pipi Galletta

Subject

conosciuta in medicina anche come trisomia 18

Malattie genetiche Item Type Metadata

Eziologia

La trisomia 18, o sindrome di Edwards, è una rara malattia genetica, che altera il numero totale di cromosomi presenti nelle cellule di un individuo: per la presenza di una terza copia del cromosoma 18. Le cellule di un malato di sindrome di Edward, infatti, contengono 47 cromosomi, anziché i normali 46.
Essa é una condizione molto grave e incompatibile con la vita: la maggior parte di chi ne è affetto, infatti, muore prima della nascita o nasce morto.
A causare la sindrome è la presenza anomala di un terzo cromosoma 18 in tutte o in una parte delle cellule appartenenti all'organismo affetto dalla malattia.
Esso è un cromosoma autosomico e, come accade per tutti gli altri cromosomi del genoma umano, è presente in due copie, quella materna e quella paterna.
Negli individui portatori di trisomia 18, il terzo cromosoma 18 può essere intero, cioè uguale ai due sani, oppure parziale; in entrambi i casi, tuttavia, gli effetti drammatici a lui associati sono gli stessi.
L'errore genetico che porta alla formazione di un terzo cromosoma 18 potrebbe avere luogo prima del concepimento, durante la meiosi delle cellule germinali di uno dei genitori, o dopo il concepimento, durante la mitosi dell'uovo fecondato. Secondo le ipotesi più accreditate, l'alterazione genetica che caratterizza la trisomia 18 consisterebbe in un fenomeno di non-separazione (o non-disgiunzione) dei cromosomi in forma duplicata (cromatidi) destinati, durante le fasi di meiosi e mitosi, a dividersi nella forma non duplicata all'interno delle cellule figlie.
Come ribadito in più di un'occasione, la trisomia 18 si contrassegna per la presenza di un terzo cromosoma 18 nelle cellule costituenti l'individuo affetto.
Studi di genetica, tuttavia, hanno evidenziato che il corredo cromosomico di alcuni individui affetti da sindrome di Edwards è di 47 cromosomi solo per una parte delle cellule dell'organismo, mentre per la parte restante è di 46 cromosomi (quindi c'è anche un corredo cromosomico normale).
Questo fenomeno, osservabile anche in altre malattie, è chiamato mosaicismo genetico o semplicemente mosaicismo.
Il mosaicismo è un fenomeno non ancora del tutto chiaro; gli studi scientifici a riguardo suggeriscono che sia osservabile soltanto nei soggetti malati per cui l'aberrazione cromosomica ha luogo dopo il concepimento, durante le prime fasi dello sviluppo embrionale.
È da segnalare che, pur rimanendo una condizione incompatibile con la vita, la trisomia 18 caratterizzata da mosaicismo è associata a un quadro sintomatologico relativamente meno grave.
Ulteriori studi di genetica, effettuati, sui malati di trisomia 18 hanno evidenziato che, in alcuni individui, il terzo cromosoma 18, anziché essere "libero" come le altre due copie, era attaccato a un altro cromosoma autosomico. Questo particolare fenomeno, in cui un cromosoma o parte di esso è attaccato a un altro, prende il nome di traslocazione.
Nella sindrome di Edwards, l'evento di traslocazione è molto raro; tuttavia, desta comunque un certo interesse presso gli esperti, in quanto la stessa anomalia si riscontra anche in uno dei genitori del bambino malato e sembrerebbe, considerato tale riscontro, una caratteristica ereditaria (N.B: il genitore è sano, perché ha un corredo cromosomico a 46 cromosomi e la traslocazione è ininfluente).

Diagnosi, sintomi

DIAGNOSI
In genere, la diagnosi prenatale di trisomia 18 si fonda su: ecografie prenatali, bi-test, tri-test, radiografia scheletrica, ecocardiografia e amniocentesi (o, in alternativa a quest'ultima, la villocentesi).
È importante ricordare che parte di questi esami diagnostici, nello specifico le ecografie prenatali, il bi-test e il tri-test, sono esami eseguiti di routine durante una gravidanza.
-ECOGRAFIE PRENATALI
Esami del tutto non invasivi, le ecografie prenatali, forniscono immagini relative al feto e all'utero; tramite esse, un ginecologo può accorgersi di alcune malformazioni fetali ed anomalie, come il polidramnios, l'oligoidramnios, la placenta piccola ecc. Alle ecografie prenatali, le conseguenze della trisomia 18 sono potenzialmente visibili tra il secondo e il terzo trimestre.
È doveroso puntualizzare, tuttavia, che questi esami ecografici non sono sufficienti a stilare una diagnosi definitiva.
-BI-TEST
Da eseguire tra l'11esima e la 14esima settimana di gravidanza,il bi-test, è un esame di screening prenatale che, alla misurazione della translucenza nucale tramite ecografia, associa la quantificazione, nel sangue materno, delle proteine PAPP-A (proteina plasmatica A associata alla gravidanza) e hCG (gonadotropina corionica).
Il bi-test è un'indagine diagnostica utile a rilevare la possibilità che il feto presenti una qualche anomalia cromosomica.
Esso presenta un piccolo margine di errore, di conseguenza, nel caso in cui fornisca risultati sospetti, è doveroso ricorrere a esami più approfonditi, quali la radiografia scheletrica, l'ecocardiografia e l'amniocentesi.
-TRI-TEST
Eseguito tra la 16esima e la17esima settimana di gravidanza, il tri-test è un semplice esame del sangue materno (quindi non è invasivo), che permette di valutare, non senza un piccolo margine di errore, la possibilità che il feto presenti una qualche anomalia cromosomica.
Nello specifico, il tri-test si basa sulla quantificazione combinata dei livelli ematici di tre markers biochimici – che sono l'alfafetoproteina, l'estriolo non coniugato e la gonadotropina corionica – i quali, quando presenti in concentrazioni alterate (rispetto ai parametri considerati normali), rappresentano dei potenziali indicatori di anomalie genetiche come, per esempio, la sindrome di Down, la trisomia 18 o la trisomia 13.
Se dal tri-test emerge la possibilità che il feto presenti una qualche anomalia cromosomica, è necessario ricorrere ad approfondimenti diagnostici, quali la radiografia scheletrica, l'ecocardiografia e l'amniocentesi, essendo il tri-test un esame non definitivo.
-ECOCARDIOGRAFIA E RADIOGRAFIA SCHELETRICA
Eseguite quando dalle indagini precedenti è emersa la possibilità di una qualche anomalia cromosomica (es: presenza di distress fetale), l'ecocardiografia e la radiografia scheletrica servono al medico per visionare le condizioni del feto.
-AMNIOCENTESI
L'amniocentesi è un esame definitivo, molto approfondito e attendibile. Essa prevede il prelievo di un campione di cellule fetali dal liquido amniotico e il controllo diretto del patrimonio cromosomico delle suddette cellule
Se c'è un'anomalia genetica, l'amniocentesi la rileva.
Il medico specialista consiglia un'amniocentesi solo quando tri-test, ecografia prenatale ecc. danno risultati sospetti, o quando sussistono particolari condizioni di rischio (età avanzata della madre, storia precedente di morte intrauterina ecc.). Al di fuori di queste casistiche, il ginecologo tende a escludere questo esame, in quanto, con la sua esecuzione, c'è un minimo rischio di morte fetale.
-VILLOCENTESI
Eseguibile tra la 10ª è la 12ª settimana di gravidanza, la villocentesi, è una tecnica diagnostica simile all'amniocentesi, con l'unica differenza che il materiale fetale da prelevare e successivamente analizzare il laboratorio sono i villi coriali (anziché il liquido amniotico).
Come l'amniocentesi, la villocentesi può causare la morte indesiderata del feto, pertanto è indicata solo quando è strettamente necessario.

SINTOMI
Il 92-95% dei feti con trisomia 18 muore o per aborto spontaneo o nasce morto; in entrambi i casi, si parla di morte prenatale.
Nel periodo prenatale, i sintomi e i segni che contraddistinguono un feto con trisomia 18 sono:
-polidramnios;
-oligoidramnios;
-placenta piccola;
-arteria ombelicale unica;
-ridotta crescita intrauterina;
-debole attività fetale;
-distress fetale.
La percentuale restante, invece (5-%), include bambini che sono riusciti a nascere vivi, ma portatori di gravi disturbi e dalle aspettative di vita decisamente ridotte:
-più della metà muore nella prima settimana;
-il 40% circa sopravvive per un mese;
-il 5-8% arriva a un anno di età;
-l'1% raggiunge i 10 anni di vita.
I neonati e i bambini con trisomia 18 che sopravvivono alla gravidanza, mostrano una lunga serie di sintomi e segni, alcuni dagli effetti drammatici. Sono coinvolti un po' tutti gli organi e apparati: il paziente, infatti, presenta anomalie a livello scheletrico, cardiaco, gastrointestinale, urogenitale, neurologico e polmonare. Non vanno, inoltre, trascurate alcune caratteristiche fisiche del cranio e della faccia, oltre al basso peso corporeo al momento della nascita.
Nei dettagli:
-anomalie scheletriche: nella mano, le dita indice e mignolo sono sovrapposte, rispettivamente, al dito medio e all'anulare; inoltre, possono mancare il pollice (aplasia) e le unghie.
Il radio, una delle due ossa dell'avambraccio, è assente o ridotto (aplasia o ipoaplasia); il petto è carenato; l'alluce è rivolto verso l'alto; il calcagno è prominente.
-anomalie cardiache: comprendono malformazioni congenite del cuore, che nella maggior parte dei casi consistono in: difetti del setto atriale e ventricolare, dotto arterioso pervio e coartazione aortica.
-anomalie gastrointestinali: includono la protrusione degli organi addominali dall'addome (onfalocele), la mancata pervietà del canale esofageo (atresia esofagea), l'ernia inguinale od ombelicale, la stenosi pilorica e l'ano imperforato.
-anomalie urogenitali: possono consistere in malformazioni o agenesie renali, cisti renali, criptorchidismo, disgenesia gonadica, clitoride sporgente, idronefrosi.
-anomalie neurologiche: comprendono manifestazioni, quali assenza dell'encefalo o parte di esso (anencefalia), ridotta circonferenza cranica (microenfalia), idrocefalo, malformazioni cerebrali, gravi difficoltà d'apprendimento, epilessia, agitazione, ipotonia neotale seguita da ipertonia.
-anomalie polmonari: consistono nella mancanza o nella parziale presenza di uno o di entrambi i polmoni (ipoplasia polmonare).
-anomalie cranio-facciali: orecchie malformate e male posizionate; regione occipitale del cranio sporgente; mandibola ridotta e male sviluppata (micrognatia); occhi più piccoli del normale (microftalmia); bocca piccola (microstomia); palato ristretto; collo corto; malformazioni di alcune strutture oculari, come l'iride (coloboma).
La maggior parte delle suddette anomalie è incompatibile con la vita: il soggetto con trisomia 18 che sopravvive alla gravidanza, infatti, muore nel giro di brevissimo tempo.
I portatori di trisomia 18 che riescono a sopravvivere più a lungo presentano una predisposizione a sviluppare l'epatoblastoma – un tumore del fegato – il tumore di Wilms – un particolare tipo di tumore del rene.

Decorso

La prognosi in caso di trisomia 18 è sempre infausta: il 92-95% dei feti colpiti dalla malattia muore prima del parto o alla nascita; il restante 5-8%, invece, muore entro il primo anno di vita, salvo rarissime eccezioni.
I dati statistici, riguardanti quella piccolissima percentuale di nati vivi, sono drammatici:
-più del 50% dei neonati muore nella prima settimana di vita
-il 40% dei neonati sopravvive un mese
-il 5% raggiunge un anno di vita
-solo l'1% arriva a compiere 10 anni.
È, infatti, stato notato come il 10% dei soggetti affetti dalla sindrome di Patau e Edwards riesca a vivere oltre i dieci anni.
Uno studio canadese ha analizzato 174 bambini, su cui ha fatto uno studio retroattivo ed ha notato come ci sia un 10% dei pazienti affetti da Trisomia 13 (o Sindrome di Patau) e Trisomia 18 (Sindrome di Edwards) che arriva a festeggiare i 10 anni, contro una percentuale del 20% che invece purtroppo non supera un anno di vita.
La ricerca, che è stata compiuta dai ricercatori del Sick Children Hospital di Toronto, ha studiato i casi dei bambini nati tra il 1991 ed il 2012.
Lo studio ha evidenziato come il presentarsi di queste anomalie cromosomiche sia costante nel corso del tempo e che il momento cruciale, per quanto riguarda la sopravvivenza, si ha intorno ai 6 mesi.
Il rischio di ricorrenza di trisomia (13, 18 e 21) nelle famiglie con un caso indice è circa 1%. Tuttavia, nelle famiglie nelle quali la trisomia 18 è causata da una traslocazione, il rischio di ricorrenza è maggiore, se un genitore è portatore di una traslocazione bilanciata.

Epidemiologia

La trisomia 18 è la seconda più comune trisomia di tipo autosomico, dopo la trisomia 21 la quale corrisponde alla nota sindrome di Down.
La frequenza della sindrome alla nascita è relativamente elevata nonostante che oltre l' 85 % delle gravidanze con feti affetti sia destinata ad interrompersi spontaneamente nel corso dei nove mesi. Infatti la maggior parte degli individui con trisomia 18 muoiono precocemente durante il periodo embrionario o fetale, come suggerito dalle analisi cromosomiche effettuate nei feti abortiti spontaneamente.
L'incidenza della trisomia 18 calcolata sulla popolazione di bambini nati vivi (quindi sono esclusi dal conteggio tutti i bambini morti in età prenatale) è pari a 1 caso ogni 5.000-6.000 nascite.
Attualmente in Italia - in media - ogni anno nascono circa 200 bambini affetti dalla sindrome di Edwards, con una prevalenza di femmine sui maschi di circa 4 : 1.
I bambini nati vivi sono più frequentemente di sesso femminile, questo perché sembra che la morte in età prenatale sia più comune tra i feti maschi.
Il rischio di avere un figlio affetto dalla sindrome aumenta con l'età della madre. Studi statistici hanno evidenziato, infatti, che hanno maggiori probabilità di concepire un individuo portatore di trisomia 18 le donne di età superiore ai 40 anni.

Cure

Purtroppo, non esiste alcuna terapia per la trisomia 18; questa condizione, infatti, è il risultato di un errore genetico non rimediabile, nemmeno se individuato in una fase precoce dello sviluppo fetale.
D'altronde più del 50% dei bambini muore nella prima settimana.
Le uniche cure possibili riguardano la correzione di alcune anomalie anatomiche, come per esempio l'onfalocele, ma anche in questi casi, prima di agire, è doveroso valutare accuratamente la situazione; il chirurgico specialista, difatti, è tenuto a considerare le volontà dei genitori, i quali devono essere informati delle possibili, ulteriori, complicazioni, cui può andare incontro il loro bambino.

Cenni storici -

La sindrome prende il nome da John Hilton Edwards, che per primo la descrisse nel 1960. Egli è stato un medico e biologo inglese, figlio del chirurgo Harold Clifford Edwards.

Collection

Citation

Maddalena Pipi Galletta, “SINDROME DI EDWARDS,” __Cosmic_Noise__e-learning_for_science__, accessed November 25, 2024, http://cosmicnoise.it/o/items/show/837.